ROBERTO OSCULATI

Ordinario di Storia del Cristianesimo
presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di Catania
(1987 - 2012)
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CANTICO DEI CANTICI

IPL, Milano 1985, pp. 92
 

 

Può sorprendere che, tra i libri considerati dalle tradizioni ebraica e cristiana come contenenti la Parola di Dio, ce ne sia uno dall’argomento del tutto umano e naturale: il Cantico dei Cantici è una raccolta di poemi per le nozze ed esalta l’amore dell‘uomo e della donna che si preparano alla vita coniugale. Aspetto centrale di tale amore sono la bellezza e l’attrazione reciproca. I sentimenti che accompagnano la passione amorosa sono espressi in termini travolgenti e iperbolici. Questo linguaggio amoroso, rispetto alle convenzioni oggi più comuni, appare molto diretto e fortemente realistico. Come mai una raccolta di parole umane così appassionate è collocata tra i testi sacri della parola divina, fondamento della religione e della morale? Si tratta di un enigma che bisogna tentare di sciogliere rifacendosi alla mentalità dell’Antico Testamento. Per esso i valori immediati della vita umana: il cibo, la salute, la bellezza, la forza, la prosperità, la terra, la casa, l’acqua, il vino, il pane, sono un dono divino, segno di benedizione, garanzia di continuità della vita e di vittoria sulla morte. L’amore umano, fedele e fecondo, tra l’uomo e la donna, con tutta la sua intensità e immediatezza, è visto come uno dei più efficaci tra questi segni, opera di Dio ordinatore del cosmo.

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